venerdì 14 ottobre 2011

Marco, ti devo parlare


-Marco, ti devo parlare.- mi dice Franca e la sua espressione non promette niente di buono.

Giuro, non ho mai capito perché certe persone, quando ti devono dire qualcosa di tremendo, sentono il bisogno di avvisarti.
 Franca è così, sta per piantarmi un pugnale nel cuore ma ci tiene a farmi sapere che è una persona gentile. Vorrebbe farmi credere che si preoccupa per me, che in fondo mi vuole bene, qualcosa del tipo: “Credimi, io non vorrei darti questo dolore, davvero, se dipendesse da me… ma non posso fare altrimenti!”.

E mentre lei si mette la coscienza  a posto io comincio a morire, dilaniandomi tra mille possibili nefaste notizie.
Aborro le morti lente, la sofferenza dialettica; sono invece per le cose drastiche e definitive. Franca, vuoi dirmi che la nostra storia è finita? Cazzo, dillo!
E mentre i secondi passano, i tuoi occhi non reggono i miei e si abbassano.

-Ti ascolto.- rispondo io.

Ecco, vedete come sono pragmatico? Mica sto a girarci intorno o a farmi prendere dal panico per qualcosa che ancora non so. Ti spiano la strada, cara Franca, ti offro il fianco affinché tu possa affondare la lama senza senso di colpa. Ti faccio credere che il tuo patetico tentativo d’indorarmi la pillola sta ottenendo il risultato sperato.

-Non so da dove cominciare…- tentenna lei.

E no, cazzo! Ti sto rendendo le cose facili, più di così potrei solo leggerti nel pensiero. Lo so che vorresti, ma mi dispiace: la lettura del pensiero non era prevista nel nostro rapporto. Muoviti a sputare quelle parole che chissà quante volte ti sei ripetuta prima di venire da me. Avrai anche fatto le prove allo specchio, immaginandoti davanti al sottoscritto e cercando il modo più elegante per dire che mi lasci, che mi molli, che magari hai già un altro.
Un altro. Sono mesi che lo sospetto. Chissà, se sei fortunata sarà uno che ti legge nel pensiero.

-Comincia da dove vuoi.- ribatto io.

Il panico nel tuo sguardo mi dice che sarà dura.
Lo so, è un po’ come il tema a piacere, non si sa mai cosa scrivere. La verità vi renderà liberi, ha detto qualcuno. Ecco, ti sto lasciando libera di dirmi la verità, d’iniziare da dove vuoi, che altro pretendi da me? Che dica quelle maledette parole al posto tuo? Scordatelo.

-Ecco… Vorrei che la prendessi nel modo migliore…

Dove la dovrei prendere?
Se mi tradisci da mesi (come sospetto) DILLO! Smettila di fingere un imbarazzo che di certo non provavi quando te la spassavi con quello, chiunque sia, che ti auguro proprio ti legga nel pensiero, perché queste conversazioni ammazzerebbero chiunque.

-Appena mi avrai detto tutto, saprai immediatamente come la prenderò.- rispondo calmo.

Io non leggo nel pensiero, ma per fortuna neanche tu. Perché in quel caso sapresti quali eleganti epiteti mi sovvengo alla mente al solo pensiero di te con un altro, tu con tutte quelle menate sulla fedeltà, sul “io e te” per sempre, ecc. ecc. Era meglio che stavi zitta allora, ma è meglio che ora ti muovi a parlare se no non rispondo di me.

-Allora… -riprende lei mesta.- hai presente il rag. Serra, quello del primo piano?

ALT.
Il rag. Serra? Quella specie di mocassino ambulante che ha l’espressività di un merluzzo essiccato? Credevo avessi gusti migliori, Franca. Sì, mi deludi. Ma è un particolare irrilevante, anche se essere mollati per uno così potrebbe compromettere il mio amor proprio e il mio pragmatismo.

-Sì, ho capito…-dichiaro.

No, in realtà non ho capito come cavolo possa esserti piaciuto uno così. E guai a te se osi tirarmi fuori menate tipo “non so neanche io come sia potuto accadere…”!

-Credimi, non so proprio come sia potuto accadere…-esordisce lei.

Cazzo.
Mi siete testimoni, questa donna se la sta cercando.
Il rag. Serra del primo piano, che avrà almeno 60 anni, con un’andatura da cammello, odore di naftalina e NON SAI PROPRIO COME SIA POTUTO ACCADERE?

-Prova.- rispondo io.

Se verrete a trovarmi niente giornali, cioccolato o arance. Per favore. Spero anche di essere in cella da solo.

-Allora… -prosegue Franca - Il rag. Serra aveva parcheggiato malissimo, giuro! Mi aveva lasciato uno spazio piccolissimo… eh, ma piccolo… Mi sembrava di farcela, davvero, se no non mi sarei mai sognata di tentare il parcheggio in retromarcia, per giunta in salita… e credimi, non so proprio come sia potuto accadere… la tua macchina… ecco… non credo sia un grosso danno… non so, non me ne intendo… ma la macchina del ragioniere…. quella sì…

Respiro lentamente, cercando di mantenere la calma. La mia BMW nuova, ritirata dieci giorni fa. La mia BMW e la mia ragazza. La mia ragazza che, sebbene abbia la sua macchina, oggi ha deciso di prendere la mia. La mia BMW nuova. Nuova di zecca. Ci sono voluti dieci anni di lavoro per potermela permettere. Ok, sempre meglio di una storia con Rag. Serra, ma parliamo della mia BMW. Erano almeno dieci anni che la desideravo una macchina così, me la sognavo di notte, cosa che non ho mai fatto per nessuna donna. Neanche Franca ho sognato come sognavo una macchina così.
Cerco il mio pragmatismo, ma non lo trovo. Penso alla mia BMW ritirata dieci giorni fa e alla mia ragazza, che vive con me da 9 giorni.
BMW batte ragazza 10 a 9.

Penso alla naftalina e al fatto che forse era meglio una storia col rag. Serra. Un giudice clemente avrebbe compreso il delitto d’onore. Sì, era meglio che Franca mi avesse tradito col rag. Serra.

 
-Franca, ti devo parlare.- e la mia espressione non promette niente di buono.







lunedì 15 agosto 2011

Io, l'erotismo e il perizoma






Bene, immagino che qualcuno di voi stia già ridendo. Diciamo che lo prenderò come un complimento.

Dunque, premetto col dirvi che -attualmente- io sto all’erotismo come una mutanda della nonna sta ad un perizoma. Inoltre Word mi ha sottolineato di rosso la parola “mutanda” e non la parola “perizoma” e questo è sospetto. Ma ci tornerò poi.

Ho detto “attualmente” perché intorno ai venti/trent’anni qualche perizoma l’ho comprato, così, tanto per averlo nel cassetto, perché non si sa mai. Ho anche provato a usarli, mi sono impegnata sul serio, ma volete mettere una comoda mutanda tradizionale (che neanche senti), con quello stretto di Gibilterra che s’infila tra le chiappe e che a ogni passo ti ricorda crudelmente di stare lì? Un’amica mi disse che è questione d’abitudine. Beh, non avevo nessuna intenzione di abituarmi a quell’arma letale, e poi perché? Così l’uomo, quando mi guarda il sedere, non vede il segno dell’elastico? Che se lo metta lui il perizoma, che poi il sedere glielo guardo io.

Dunque, le mutande, dicevo. Che poi a noi donne delle mutande degli uomini non è che c’importi molto, nel senso che, sì, magari ad alcune piace il boxer e ad altre lo slip, ma non è che scriviamo una tesi di laurea sull’argomento. Agli uomini (delle mutande delle donne) pare che invece importi parecchio e, tra l’altro, vorrei ricordarvi una cosa: il perizoma l’hanno inventato proprio gli uomini nell’antica Grecia. Solo che ad un certo punto, gli antichi si sono fatti furbi e hanno inventato le mutande da uomo, mentre la donna è retrocessa al perizoma, oppure sarà anche stata promossa, non so, ma questa non cambia lo stato delle cose.

Dunque, gli spartani continuavano a migliore la società, scartando gli individui che apparivano inutili e inventando le mutande da uomo, mentre la donna veniva convinta che è molto meglio quello che sta dietro di quello che sta davanti. Perché il perizoma è da dietro che dà il meglio di sé. È così assurdo volere che un uomo guardi prima i tuoi occhi invece che il tuo sedere? Cosa avrà di così straordinario un fondoschiena perfetto, tondo e sodo?
Ok, ok, mi è arrivata la risposta.

Senza generalizzare troppo, tornando a me, attualmente dell’erotismo non me ne importa un fico secco. Cioè, ho il mio erotismo e non ho bisogno di chissà che per stimolare la mia fantasia sessuale; il problema è l’erotismo del maschio, che invece ha bisogno di essere stimolato e ringalluzzito da un certo tipo di biancheria intima. Che poi quella biancheria, di intimo, non ha proprio un bel niente, perché non è fatta per il proprio intimo piacere, ma per quello altrui e dunque -a parer mio- l’intimità sta a quella biancheria come il ballo del Quaqua sta alla Lap dance.


Il fatto è che a me piace stare comoda e l’erotismo con la comodità non ha molto a che vedere. Vedasi il perizoma. Perché io sono una che dorme coi calzettoni perché ha sempre i piedi freddi, che usa pigiami che inorridirebbero un taglialegna del Kentuky; sono una che soffre di sinusite e spesso va a letto con un capellino di lana. Calato fino al naso.
Però non fatevi un’impressione sbagliata, ho ancora molte cartucce da sparare, nonostante i calzettoni e il capellino, è che mi piace la comodità, ecco.

Inoltre sono pigra e quando compro le mutande le compro in stock. Nere o bianche  e in cotone, al limite azzurre, ma niente fantasie accattivanti o tessuti scivolosi, semi trasparenti e sexy. La mutanda (parola perfetta, chechè ne dica Word) deve essere così: comoda e rassicurante, da lanciare nella lavatrice senza timore che si rovini e soprattutto che non s’infili là, dico. La mutanda dice tutto di te, la mutanda ti rappresenta. Senza mutanda non sei nessuno.

Mutatis mutandis, concludo dicendo che non esiste nessun maschio che possa convincermi dell’utilità sociale del perizoma e che, arrivata alla mia età, se deciderò di mettermi ancora quella specie di trappola tra le chiappe sarà per qualcosa di molto valido, tipo raccogliere fondi per un’associazione che costruisca un’astronave per contenere qualche miliardo di esseri viventi prima della fine del mondo.
 
Buona mutanda a tutti.

domenica 29 maggio 2011

Cuore di mamma

 



Il giorno in cui mio figlio, mentre lo sgridavo, ha cercato di spegnermi col telecomando della TV, ho capito che dovevo riprendere in mano la situazione.

Il fatto che abbia cinque anni non depone in mio favore. Perché non è vero che “bambini piccoli, piccoli problemi”. O forse sarà anche vero, ma non è per niente consolante, soprattutto quando cerchi di far capire ad un piccoletto ciò che deve fare, e lui, con le sopracciglia aggrottate e il dito indice puntato, ordina:” In cucina, mamma, prepara il pranzo!”.

Non è semplice accettare che un abitante della Terra di Mezzo ti zittisca, ma devi essere pronta anche a questo. Perché le madri DEVONO essere sul serio pronte a tutto, ma proprio  a tutto. Un po’ come per le leggi dello stato: non è ammessa l’ignoranza, e dunque non  puoi farti trovare impreparata.

Certo, è tutto vero quello che dicono della maternità: è una cosa meravigliosa. Ma a singhiozzo, non so se capite. I momenti fantastici sono intervallati da tanti altri momenti in cui vorresti citofonare a Dio e chiedergli: “Ma sei proprio certo di quello che hai fatto? Intendevi su serio affidare a me questa creatura?”

Certo che quando quel piccoletto ti abbraccia forte forte e ti dice che ti vuole un bene infinito, capisci che c’è sempre qualcuno che ne sa più di te. Oppure, quando ti dice: “Mamma, da grande ti vorrei sposare!”, e tu, col cuore colmo d’amore, rispondi: “Certo, amore, ma sai che non è possibile…”.
Lui ti guarda con condiscendenza, perché lo sa benissimo che non ti potrà sposare e ti risponde: “Lo so, mamma, perché quando sarò grande tu sarai morta”.

                                                               R.I.P.


                                                                         



domenica 15 maggio 2011

Tra un click e l'altro

                    


   Se tra un click e l’altro riesco anche a stendere il bucato e rifare i letti, vuol dire che sono un’incredibile casalinga oppure che è ora di cambiare il computer?
   Io SONO un’incredibile casalinga, però il punto è un altro: cambiare computer non è come cambiare fidanzato. Perché se decido di cambiare fidanzato, posso sempre giustificarmi che la magia di un tempo non c’è più, che le nostre strade hanno preso direzioni differenti. E, mentre all’inizio in nostri sguardi s’intrecciavano più appassionatamente di due liane della foresta pluviale, ora siamo lontani come il cactus e il baobab. Io sarei il cactus e il riferimento al baobab è puramente casuale.
   Ma cambiare il computer? Chi cambia un computer non lo fa  perché è sparita quella magia che c’era all’inizio del rapporto, ma perché qualcun altro ha deciso al posto suo. C’è quindi un disegno più grande, qualcosa d’ineluttabile, forse il tempo stesso o il naturale finire delle cose. Un po’ come l’evoluzione della specie e quindi potrebbe essere tutto un discorso darwiniano, qualcosa che non possiamo contrastare, come un 3 in storia o una multa per divieto di sosta.
   Oppure  qualche cretino dall’altra parte del mondo avrà deciso che solo dopo cinque anni il mio pc è un rottame, o ancora perché un altro cretino da questa parte del mondo, mi ha mandato un virus subdolamente travestito da amicizia su fb. Che poi è il momento in cui si è più vulnerabili, in cui crediamo che c’è qualcuno che vuole noi, proprio noi  e nessun’altro. E fanculo tutto, il nostro amor proprio, i nostri saldi principi e -impavidi- decidiamo una volta tanto di fare qualcosa di assurdo e fanculo tutto. Fanculo anche il computer, ovviamente, perché molli come lumache, dopo avere accettato quell’amicizia, scopriamo che sì, voleva noi, proprio noi.  Perché di fessi come noi è pieno il mondo.

   Dunque, dicevo, lo cambio o non lo cambio? Perché cambiare computer è come cambiare casa. Nessuno ti conosce meglio di lei e viceversa. Un computer ti rappresenta. Le tue cartelle sono perfettamente in ordine e trovi sempre quello che cerchi? Oppure hai miliardi di cartelle che giureresti di non aver creato tu e quando cerchi qualcosa desistiti dopo cinque minuti perché ti conosci fin troppo bene?
   Il fatto è che un giorno penso che sia arrivato il momento e il giorno dopo mi contraddico. Ecco, non sono affidabile neanche con me stessa.
   Un rumore tremendo nell’altra stanza, qualcosa che è caduto per terra, una sedia o mio figlio. Ah, se non ci fosse la forza di gravità! Aspettatemi, vado  e torno.
   Eccomi.
   Dunque, dicevo prima, c’è sempre un disegno più grande di noi.       Qualcosa d’ineluttabile, forse il tempo stesso o il naturale finire delle cose.
   Domani esco e lo cambio. Perché -prima o poi- tutto cade verso il basso, il sedere, le tette, la pancia, e anche i computer non si possono ribellare alla forza di gravità.

P.S. Ora sto scrivendo dal pc del mio fidanzato.

mercoledì 27 aprile 2011

Chi tace, acconsente. Oppure è morto.

Chi tace, acconsente. Oppure è morto.
L’unico modo per capire la differenza è tastargli il polso.
Una mia vecchia zia malata, arrivata all’età di 97 anni, decise che era arrivato il momento di scegliersi la foto da mettere sulla lapide. Me la mostrò soddisfatta.
-Ma non sei tu. Questa donna avrà sì e no cinquant’anni.
-Infatti sono io a cinquant’anni. Mio marito è morto a 60 anni e io mi sono comprata il loculo affianco. Non voglio che la gente, passando davanti, pensi che io sia la madre  invece della moglie.
Mia zia certamente non conosceva Facebook, ma il principio era lo stesso.
-Sei dunque sicura di volere questa foto?
Ma mia zia non rispose.
Chi tace acconsente. Oppure è morto. O entrambe le cose.




sabato 22 gennaio 2011

Dal parrucchiere

Vado dal parrucchiere con l’intento di apportare alla mia capigliatura cambiamenti tali da rendermi irriconoscibile ai miei cari.
Lo dico a Marco, il mio parrucchiere di fiducia. Ho voglia di un cambiamento, ho voglia di far rimanere a bocca aperta chi incontro, ho voglia di mandare un messaggio intimidatorio, e di farlo con un semplice e lento ondeggiare della mia chioma, come una novella  e pericolosa Medusa.

Marco è al settimo cielo.
Gli dico che mi metto assolutamente nelle sue mani, che faccia di me quello che ha sempre sognato, e cioè tagliare la mia lunga chioma.
Perché noi donne, quando vogliamo cambiare veramente, iniziamo dai capelli. In essi riponiamo tante aspettative, forse troppe. Sarà il ricordo ancestrale di quando l’uomo ci trascinava dentro la grotta, afferrandoci preistoricamente per i capelli? Non so,  ma è da lì che iniziamo la metamorfosi, la rivoluzione e l’emancipazione.

- Un nuovo look?- chiede Marco al settimo cielo, gnocco ma leggermente gay, nel quale ho riposto tutte le mie aspettative.
Come ho detto, non voglio semplicemente cambiare, voglio fare una rivoluzione, voglio stordire chi incontrerò. Voglio che al mio passaggio si levi un “Oooohhh” di meraviglia, voglio essere temeraria e azzardare qualcosa di trasgressivo. Voglio avere il coraggio di dare un taglio netto col passato e iniziare un nuovo futuro.

-Colore?- chiede Marco concentrato, osservandomi con aria seria e meditabonda, come se avesse avuto l’incarico di ridipingere la Cappella Sistina. Mi apre davanti tre cartelle con ciocche finte dei colori più improbabili.
-Colore?- chiedo, fantasticando, osservando le ciocche una ad una.

Osservo bene le cartelle.
Ho deciso: un rosso fuoco con ciocche fosforescenti carminio andrebbe benissimo!

Tranquilli. Non vedete che manca il trattino del discorso diretto?

-Non saprei… -rispondo nella realtà - che dici? Poco poco più chiaro? O poco poco più scuro?

Dal suo sguardo capisco che l’ho deluso. Lo so, ma forse non sono pronta. Cambiare colore non è solo “cambiare colore”, ma è cambiare umore, disposizione d’animo, atteggiamento nei confronti della vita.
Cambiare colore ti mette alla prova, ti fa quella fatidica domanda, e ti mette le spalle al muro. Cambiare colore vuol dire che sei pronta, al diavolo gli altri, al diavolo l’aria seria  e professionale al lavoro.

- Mi sa che riprendiamo giusto la radice… eh?- chiedo, con sguardo leggermente in colpa.
E’ certo: ho deluso Marco. Però anche lui l’ha fatto quando ho scoperto che era gay.

-Il taglio?- chiede, speranzoso di tirar fuori il suo set di forbici professionali.
 Mi propone tre possibilità: asimmetrico, carrè cortissimo, new look senza pietà.

- Beh, sai che ti dico?- dico con spavalderia-  Fai finta di tagliare, fammi sentire le forbici che lavorano ma tieni la lunghezza così com’é.

Ok, forse non sono pronta per il cambiamento. Il mondo dovrà aspettare.
Ero convinta che ce l’avrei fatta, ma mi sono contraddetta. D’altra parte è tipico dell’essere umano contraddirsi. Voglio dire, avete mai visto un cane che si contraddice?

Mentre Marco fa finta di lavorare, io m’immergo nella lettura degli ultimi numeri di Novella 2000, Eva 3000, Vip, Scoop, Visto, Donna Moderna, ecc.
Scopro così che Cher ha la pelle come una trentenne grazie al suo senso dell’umorismo. Chissà cosa ne pensa la Littizzetto. Chissà cosa ne pensano tutte le donne del mondo. Mi sa che qui  l’unico ad avere il senso dell’umorismo è il suo chirurgo plastico.

Marco s’inchina per recuperare qualche molletta. Anche se è gay ha un didietro da favola e sono fantastiche le sue mutande in fantasia: tante piccole mucche con in testa il cappello di babbo Natale.

Allontano a malincuore lo sguardo dalla sua biancheria intima e scopro che la figlia di Al Bano ha trovato la felicità, che c’è del tenero tra Alessandro Cecchi Paone e il modello Roger, che Monica Guerritore, nonostante l’età, ha ancora il coraggio di mettersi in topless.
Dulcis in fundo, Silvia Venturini Fendi dichiara di essere una ragazza come tutte le altre.

Marco sciacqua, taglia, asciuga e piastra. Perfetto, sono esattamente com’ero quando sono entrata. Gli ho lasciato 70 euro, ma sono contenta perché mio marito e i miei figli non dovranno chiedermi la parola d’ordine prima di entrare in casa.

C’è sempre tempo per qualcosa di drastico, per trovare la felicità, farsi una risata, far funzionare un rapporto ed essere come si è.