venerdì 17 settembre 2010

C'era una volta.

-Udite, udite! Il re di un castello dietro l’angolo darà in sposa la sua bellissima figlia, principessa Xafhron dai piedi nudi, a chiunque riuscirà a scacciare dal suo dolce viso il pianto e a farla ridere nuovamente! Gentiluomo o popolano, libero professionista o statale! Chi volesse cimentarsi in questo arduo compito, dovrà farsi trovare alla mezza davanti al castello! E così facendo svelerà anche il mistero del Bosco di Xafhron! Non sono ammessi ritardatari! Udite, udite!

Il cavaliere di Xamphia meditò: bellissima figlia, nonché principessa, anche se dai piedi nudi. Perché non tentare? Lui era famoso per le sue strorielle, e certamente non avrebbe avuto difficoltà nel trovarne una che facesse ridere la bella principessa Xafhron dai piedi nudi.
Un’anatra dalle piume argentee gli morse uno stinco.
-Figlia di un’oca!- gridò il Cavaliere, cercando di afferrare l’impudente. Ma l’animale fuggì e a lui  rimase in mano solo una piuma argentea.

Salì sul suo destriero Duecavalli e si avviò. Giunto davanti al castello, vide una fila infinita di cavalieri, contadini, principi e balossi. Tutti lì per la bella principessa Xafhron dai piedi nudi, pensò. La vittoria non sarebbe stata facile.
Intanto i pretendenti erano stati raggruppati nella sala principale. Le porte furono chiuse e sprangate.

 Davanti, ben visibili a tutti, stavano il Re, la Regina e la principessa Xafhron dai piedi nudi.
“Ammazza, che piedi!”, pensò il cavaliere, osservando le fette della bella Xafhron, che a occhio e croce calzava 45 o 46. Ma era tutto ciò che si vedeva, perché ella era celata agli sguardi altrui da un velo, che faceva solo intravedere una presenza, ma di certo non consentiva di valutare alcunché in termini di bellezza. Il cavaliere imputò il viso celato ad un estremo di modestia e non si preoccupò, anche se quei piedi non erano certo un bel vedere.

 Intanto, uno dopo l’altro, i pretendenti si fecero avanti e chi con facezie, chi con motti di spirito, tentavano a modo loro di rallegrare Xafhron. Ma tutti, uno dopo l’altro, fallirono. Il Re e la Regina ormai erano due maschere di tristezza. Non che all’inizio fossero granché felici, anzi.
Giunse al fine il momento del cavaliere.
-Bene, cavaliere, e voi?- chiese affranto il Re.
-Ehm, maestà…
-Chiamatemi papà!
-Papà… ehm, posso avvicinarmi alla principessa Xafhron?
-Certamente…- acconsentì la regina afflitta.

Il cavaliere si accostò e  fulmineo allungò la piuma argentea verso i piedoni non proprio principeschi della donzella e le  fece un po’ di solletico.
Dopo una frazione di secondo la principessa scoppiò a ridere. Una risata così sguaiata da poter essere tranquillamente accostata al rumore che fa il treno quando frena in curva.  Con lei seguirono a ruota tutti, Re, Regina e cortigiani. Tutti ridevano a crepapelle e la risata, liberatoria, non  s’arrestava più. La principessa, frattanto, si era a tal punto scomposta che il velo si era divelto, mostrando un volto che faceva assolutamente pandan coi piedi. Inoltre una folta peluria arricchiva il suo labbro superiore. Insomma, per farla breve, la bella principessa Xafhron dai piedi nudi era un cesso.
Il cavaliere, approfittando dell’ilarità generale, si dileguò, e fuggendo comprese ben bene cosa fosse il Bosco di Xafhron.

2 commenti: